Successioni ed Eredità

Successioni ed Eredità Studio Legale Viano Pagliero di Chivasso

Successioni ed Eredità

Lo Studio Legale Viano Pagliero di Chivasso  offre un'assistenza legale completa e qualificata in un ambito delicato e cruciale come il diritto successorio e delle donazioni. Con una profonda conoscenza della normativa vigente e una comprovata esperienza, siamo al fianco dei nostri Clienti per affrontare con competenza e sensibilità tutte le questioni legali connesse alla successione legittima, successione testamentariasuccessione necessaria (o dei legittimari), divisione ereditaria e donazione.

Lo Studio Legale Viano Pagliero offre una consulenza completa per la redazione di testamenti nel rispetto della normativa vigente e per la pianificazione ereditaria, analizzando con attenzione gli aspetti sia legali sia fiscali del passaggio generazionale con l’ausilio di altri professionisti che collaborano con lo studio. Supportiamo i Clienti (chiamati all’eredità, eredi legittimari, legittimi o testamentari) nel risolvere eventuali controversie che dalla successione dovessero scaturire: dal reintegro della quota di legittima all'impugnazione di testamenti invalidi, dalla divisione del patrimonio agli adempimenti burocratici.

Forniamo assistenza qualificata nelle cause ereditarie, sia in sede civile che penale, impugnazione testamentariamediazione, accettazione dell’eredità pura e semplice, accettazione dell’eredità con beneficio d’inventariorinuncia all'eredità.

Materie Successione

Successione legittima/ successione testamentaria/ successione necessaria (o dei legittimi)/ divisione ereditaria / donazione

Domande Frequenti

La successione testamentaria è quella regolata da un testamento, in cui il defunto ( de cuius ) ha disposto dei propri beni per il periodo successivo alla sua morte.

La successione testamentaria si contrappone alla successione legittima, che si verifica quando il de cuius non ha lasciato un testamento o quando il testamento non riguarda tutti i suoi beni.

Il testamento è un atto unilaterale (cioè formato con l’espressione della volontà del solo soggetto che intende disporre delle proprie sostanze), a forma vincolata (cioè ammesso solo se redatto con le modalità imposte dalla legge) e, revocabile e personale, attraverso il quale il testatore esprime la propria volontà in ordine alle attribuzioni del proprio patrimonio dopo la sua morte.

Perché un testamento sia valido è necessario che il testatore, al momento della redazione del documento, sia maggiorenne, non interdetto e sia, comunque, capace di intendere e di volere. Per il testamento redatto da chi si trova in regime di “amministrazione di sostegno”, siccome la legge non dispone nulla, in linea di principio (se l’incapacità di redigere il testamento non è esplicitata nel decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno), costui ha la capacità di redigere testamento, salvo che un giudice non accerti che il soggetto in questione si trovasse in uno stato di incapacità di intendere e di volere al momento della redazione del testamento.

Testamento Revocabile

Il testamento è in qualsiasi momento revocabile dal testatore, perché la legge consente che il testatore possa mutare la propria volontà fino all’ultimo minuto della sua vita. La revoca può avvenire sia in forma esplicita (e cioè redigendo un nuovo testamento e indicando in esso che il precedente testamento deve considerarsi revocato) che in forma tacita: nella misura in cui il nuovo testamento sia in tutto o in parte incompatibile con il testamento precedente, questo deve corrispondentemente intendersi in tutto o in parte revocato. 

Esistono vari tipi di testamento: il testamento “olografo”, il testamento “pubblico” e il testamento “segreto”.

Testamento Olografo 

Il testamento olografo è una scrittura privata per la quale sono necessari alcuni requisiti formali:

. che il testo sia per intero scritto a mano dal testatore

. che il testatore scriva la data in cui redige il testamento

. che il testatore apponga la propria firma alla fine delle sue disposizioni

Benché molto semplice e di comune utilizzo, questa forma testamentaria presenta alcuni svantaggi:

  • possibilità di distruzione ad opera di terzi;
  • possibilità di smarrimento;
  • possibilità di errori;
  • possibilità di falsificazioni;
  • possibilità di contestazioni circa l’autenticità del documento;
  • difficoltà di interpretazione in caso di disposizioni particolarmente complesse.

Il testamento pubblico” è un testamento necessariamente redatto che lo conserverà con la massima diligenza nel tempo

Il presenta alcuni vantaggi:
  • accertamento della volontà del testatore;
  • nessuna possibilità di smarrimento o sottrazione;
  • forza probatoria tipica dell’atto pubblico;
  • garanzia di conformità all’ordinamento giuridico;
  • possibilità di utilizzo anche da parte di chi non potrebbe ricorrere al testamento olografo, quali ad esempio analfabeti, stranieri o impossibilitati a scrivere.
 
Testamento Segreto

Il testamento segreto (non diffuso nella prassi) che è il testamento scritto dal testatore e consegnato personalmente al notaio (che quindi non ne conosce il contenuto), il quale redige un semplice verbale di ricevimento.

La successione legittima, definita anche successio ab intestato, si verifica quando una persona decede senza aver lasciato un testamento valido, oppure quando il testamento esistente non dispone sull’intero patrimonio del defunto. In caso di successione legittima è la legge a stabilire come il patrimonio del defunto (detto anche de cuius) debba essere distribuito tra i suoi eredi.

In altre parole, la successione legittima si applica principalmente in due casi:

. Mancanza di testamento: Il de cuius non ha redatto alcun testamento.

. Testamento invalido o incompleto: Esiste un testamento, ma questo è nullo o annullato ovvero dispone solo per una parte dei beni del defunto ovvero solo legati. In quest'ultimo caso la devoluzione dei beni non considerati nel testamento avviene in base alla successione legittima o necessaria.

Chi sono gli eredi legittimi e in che ordine succedono?

Gli eredi legittimi sono coloro ai quali si devolve l’eredità in assenza di testamento, in base alle quote di successione previste dal legislatore

Il patrimonio del defunto, in caso di successione legittima, viene devoluto ai parenti del defunto a partire da quelli a lui più vicini (figli e coniuge) e via via fino a quelli più lontani sino al sesto grado di parentela. Nel caso in cui non vi siano parenti entro il sesto grado l’eredità si devolve a favore dello Stato.

Qui di seguito si indicano le quote che spettano ai beneficiari nei casi più comuni:

Coniuge

ll coniuge succede a condizione che, al momento dell’apertura della successione, non sia passata in giudicato la sentenza che ha pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (cioè il "divorzio").

Il coniuge ha anche diritto di abitazione della casa familiare e di uso dei beni che l'arredano.

Il coniuge separato ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato se non esiste una sentenza passata in giudicato di addebito della separazione.

Il coniuge divorziato non è chiamato alla successione dell’ex coniuge, salvo godere dell'assegno divorzile che sarà a carico degli eredi dell'ex coniuge.

In caso di unione civile, a seguito all’approvazione della legge n. 76/2016 , la parte superstite dell’unione civile è chiamata a succedere. Invece il convivente superstite non è un erede legittimo in quanto la legge n. 76/2016 - che disciplina anche le convivenze di fatto - non ha esteso ai conviventi i diritti successori previsti a favore del coniuge o della parte dell'unione civile. 

La quota di eredità devoluta al coniuge

Coniuge e un solo figlio: Metà dell'eredità al coniuge e metà al figlio.

Coniuge e più figli: Un terzo dell'eredità al coniuge e due terzi divisi in parti uguali tra i figli.

Coniuge senza figli, ma con ascendenti (genitori, nonni) o fratelli/sorelle del defunto: Due terzi dell'eredità al coniuge e il restante terzo diviso tra ascendenti e fratelli/sorelle. Agli ascendenti è comunque riservato un quarto dell'eredità.

Solo il coniuge (senza figli, ascendenti o fratelli/sorelle): L'intera eredità va al coniuge.

Figli (o loro discendenti): 

I figli succedono ai genitori e concorrono solo con il coniuge, cioè escludono tutti gli altri successibili. Succedono anche i nascituri già concepiti al momento dell’apertura della successione.

La quota di eredità devoluta ai figli

I figli succedono in parti uguali tra loro e i nipoti (figli dei figli) subentrano per rappresentazione in caso di premorienza, rinuncia o indegnità del loro genitore.

Genitori e ascendenti

Genitori del defunto possono essere chiamati a succedere nella successione legittima soltanto nel caso in cui il defunto non abbia figli.

Nel caso in cui non vi siano né coniuge né fratelli, ai genitori, o all’unico genitore sopravvissuto, spetterà l’intero patrimonio.

Gli altri ascendenti succedono solo nell’ipotesi in cui non vi siano figli, né genitori, né fratelli o sorelle o loro discendenti

La quota di eredità devoluta ai genitori e agli ascendenti

L’eredità si devolve ai genitori in parti uguali; se uno dei genitori non può o non vuole accettare, l’eredità si devolve per intero all’altro, escludendo la devoluzione agli ascendenti.

Nel caso in cui non vi siano né coniuge, né fratelli, né genitori succedono per una metà gli ascendenti della linea paterna e per l’altra metà gli ascendenti della linea materna.

Fratelli e sorelle (o loro discendenti): 

I fratelli del defunto possono essere chiamati a succedere nella successione legittima soltanto nel caso in cui il defunto non abbia figli.

La quota di eredità devoluta a fratelli e sorelle ( collaterali del defunto )

Coniuge e collaterali del defunto: due terzi spettano al coniuge, il rimanente terzo va ai fratelli e sorelle, diviso in parti uguali

Coniuge, collaterali e ascendenti del defunto: il coniuge eredita sempre i due terzi del patrimonio, mentre gli altri coeredi si spartiscono il restante terzo (ai genitori spetta almeno un quarto)

Ascendenti e collaterali; il patrimonio va suddiviso tra loro in parti uguali (ai genitori spetta almeno la metà).

Solo collaterali : il patrimonio verrà diviso tra loro in parti uguali.

Se peraltro vi sono fratelli o sorelle unilaterali (e cioè che hanno in comune con il defunto un solo genitore), questi ultimi conseguono metà della quota che spetta ai fratelli germani (e cioè che hanno entrambi i genitori in comune con il defunto) o ai genitori.

Altri parenti fino al sesto grado: 

In mancanza delle categorie precedenti, l'eredità si devolve agli altri parenti in ordine di grado (il parente più prossimo esclude quello più remoto), fino al sesto grado di parentela.

Stato: 

In assenza di qualsiasi parente entro il sesto grado, l'eredità è devoluta allo Stato.

La successione necessaria, definita anche successione dei legittimari, rappresenta un limite inderogabile alla libertà testamentaria prevista dal nostro ordinamento giuridico. In sostanza, anche se una persona decide di fare testamento e di disporre liberamente dei propri beni per dopo la morte, la legge riserva una quota minima del patrimonio (detta "quota di legittima" o "riserva") a determinati stretti congiunti, chiamati appunto legittimari o eredi necessari.

Legittimari o eredi necessari

Il codice civile riserva necessariamente (e cioè senza possibilità di eccezioni) a determinati strettissimi congiunti detti “legittimari” o “eredi necessari” una quota dell'asse ereditario, che il de cuius durante la sua vita non può intaccare né con donazioni né con la redazione di un testamento nel quale i predetti congiunti siano dimenticati o addirittura diseredati.

La ratio della legge è quella di garantire una tutela minima ai legami familiari più stretti, impedendo che il testatore possa, con le proprie disposizioni, privare completamente questi soggetti di una parte significativa del patrimonio ereditario.

Nel redigere il proprio testamento il de cuius è dunque pienamente libero solamente con riguardo ad una quota del suo patrimonio (chiamata “quota disponibile”, in contrapposizione a quella destinata necessariamente ai suoi stretti congiunti, e perciò denominata “quota riservata” o “legittima”): insomma, la sua volontà di destinare beni ad estranei è pur sempre esprimibile, se pur compressa.

Beninteso, le donazioni e il testamento che ledano i diritti dei legittimari (o eredi necessari) non sono invalidi o inefficaci: questi atti sono pienamente validi fino al momento in cui l'erede legittimario pretermesso (cioè dimenticato) o leso o diseredato non agiscano in giudizio con la cosiddetta “azione di riduzione” delle donazioni o delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima, al fine di conseguire appunto la quota loro spettante.

Le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità sono:
  • Il coniuge (anche il coniuge separato, purché non sia stata pronunciata sentenza di addebito della separazione).
  • I figli (legittimi, naturali, adottivi, nonché i loro discendenti che subentrano per rappresentazione in caso di premorienza, rinuncia o indegnità del genitore).
  • Gli ascendenti legittimi (genitori, nonni, ecc.), ma solo in assenza di figli o loro discendenti.

La ratio di questa normativa è quella di garantire una tutela minima ai legami familiari più stretti, impedendo che il testatore possa, con le proprie disposizioni, privare completamente questi soggetti di una parte significativa del patrimonio ereditario.

  • Limite alla libertà testamentaria: Il testatore non può disporre liberamente di tutto il suo patrimonio, ma deve necessariamente riservare una quota ai legittimari.
  • Quote fisse: La legge stabilisce in modo preciso le quote di legittima spettanti a ciascuna categoria di legittimari e le modalità di calcolo di tali quote

La legge riserva al coniuge la metà del patrimonio del de cuius, se non vi è concorso con i figli. La quota riservata al coniuge si riduce infatti in caso di concorso con i figli e precisamente a un terzo del patrimonio nel caso di concorso con un solo figlio e a un quarto nel caso di concorso con più figli.

Nel caso di concorso con ascendenti, la quota del coniuge rimane invece sempre pari alla metà dell'asse ereditario.

Al coniuge superstite, anche se concorre con altri chiamati, sono poi sempre riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza famigliare e di uso sui mobili che la corredano.

A favore dei figli, se non vi è concorso con il coniuge, è riservata la metà del patrimonio se il genitore lascia un figlio solo; se i figli sono più di uno, è loro riservata una quota di due terzi del patrimonio ereditario da dividersi in parti uguali.

Gli ascendenti (genitori, nonni, bisnonni, ecc.) sono eredi necessari qualora il defunto non lasci figli legittimi o naturali. Essi hanno diritto ad un terzo del patrimonio ereditario. Se peraltro esiste una pluralità di ascendenti, la quota che complessivamente è loro riservata si ripartisce secondo il seguente criterio: per una metà succedono gli ascendenti della linea paterna e per l'altra metà gli ascendenti della linea materna. Se infine gli ascendenti non sono di egual grado, l'eredità è devoluta a quello di grado più vicino al defunto, senza distinzione di linea.

Qual è la distinzione tra successione legittima e successione necessaria?

È fondamentale distinguere tra successione legittima e successione necessaria o dei legittimari, poiché si riferiscono a due concetti distinti, sebbene entrambi riguardino la destinazione del patrimonio di una persona defunta.

La successione legittima si verifica quando una persona decede senza aver lasciato un testamento valido, oppure quando il testamento esistente non dispone sull’intero patrimonio del defunto.

La successione necessaria è quella, invece, che tutela i legittimari se il soggetto defunto abbia con il testamento o con le donazioni effettuate in vita creato dei pregiudizi ai soggetti a cui la legge riserva una quota dell'asse ereditario

Gli eredi legittimi non vanno confusi con i legittimari, e cioè con coloro cui la legge necessariamente riserva una quota del patrimonio ereditario (“quota di riserva” o “quota di legittima”) e che possono impugnare le donazioni e le disposizioni testamentarie con le quali il de cuius abbia violato questa riserva.

Chi può impugnare un testamento?

Un testamento può essere impugnato in diverse circostanze, sia per vizi di forma che per vizi relativi alla volontà del testatore. 

In generale il testamento può essere nullo o annullabile quando non rispetta determinati requisiti formali oppure quando il testatore al momento della redazione del testamento non possedeva la capacità di testare ( sono incapaci di testare  i minorenni, gli interdetti per infermità di mente e coloro che siano stati, per qualsiasi causa, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui fecero testamento, pur se non interdetti o inabilitati) oppure, ancora, per errore, violenza o dolo, non ha potuto esprimere liberamente e consapevolmente la propria volontà testamentaria.

Ipotesi di nullità del testamento:
  • il testamento olografo è nullo quando manca l’autografia o la firma del testatore;
  • il testamento pubblico è nullo se non viene redatto in forma scritta dal notaio e quando manca la firma del testatore o del notaio;
  • i testamenti speciali sono nulli se non sono redatti in forma scritta dal testatore  e se manca la firma del testatore o del soggetto che è autorizzato a riceverlo.
Ipotesi di nullità delle singole disposizioni testamentarie:
  • sono nulle le disposizioni con le quali il soggetto sottoposto a tutela dispone dei propri beni in favore del tutore che lo tutela dopo la nomina e prima dell’approvazione del conto o dell’estinzione dell’azione per il rendiconto,  regola che vale anche per il protutore per il tempo in cui sostituisce il tutore. Se però il tutore o il protutore sono un ascendente un discendente, il fratello o la sorella del soggetto sottoposto a tutela la disposizione è valida;
  • sono nulle le disposizioni del testamento con cui il de cuius abbia disposto dei suoi beni in favore del notaio o di un altro pubblico ufficiale abilitato a ricevere il testamento pubblico, dei testimoni o dell’interprete che intervengono nella procedura prevista dalla legge;
  • sono nulle le disposizioni in favore del soggetto che scrive il testamento segreto per conto del testatore a meno che queste non siano approvate di mano dal testatore stesso o al momento della consegna. Sono nulle anche le disposizioni a favore del notaio se il testamento è stato consegnato a questo soggetto in un plico non sigillato;
  • sono nulle le disposizioni testamentarie in favore dei soggetti incapaci di ricevere per testamento sopra indicate, anche se fatte per mezzo di interposta persona (padre, madre, discendente, coniuge) e anche se la disposizione riguarda congiuntamente i due soggetti;
  • è nulla la disposizione testamentaria redatta in ragione di un motivo illecito  , se questo è stato determinante per la disposizione del testatore
  • è nulla la disposizione testamentaria quando è fatta nei confronti di una persona che non può essere determinata;
  • è nulla la disposizione testamentaria con cui l’individuazione del destinatario sia rimessa all’arbitrio di un soggetto terzo;
  • è nulla la disposizione testamentaria che lascia al terzo o all’onerato la decisione sull’oggetto o la quantità del legato;
  • sono nulle le disposizioni testamentarie reciproche ossia che quando un testatore dispone a favore di un soggetto a condizione che quest’ultimo indichi lui come legatario o erede.

In caso di nullità chiunque può impugnare il testamento e l’azione di nullità di un testamento non è soggetta a termini di prescrizione, quindi può essere esercitata in qualsiasi momento da chiunque vi abbia interesse.

In ossequio al generale principio della conservazione del testamento, tuttavia, il legislatore ha previsto la possibilità di sanare le disposizioni affette da nullità mediante la conferma e l’esecuzione volontaria. Infatti sensi dell’art. 590 c.c. “la nullità della disposizione testamentaria, da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere da chi, conoscendo la causa della nullità, ha, dopo la morte del testatore, confermato la disposizione o dato ad essa volontaria esecuzione”. Occorre, però, precisare che l’art. 590 c.c., nel prevedere la possibilità di conferma od esecuzione di una disposizione testamentaria nulla da parte degli eredi, presuppone l’oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che sia comunque frutto della volontà del de cuius, per cui la norma non trova applicazione in ipotesi di accertata sottoscrizione apocrifa del testamento

Ipotesi di annullabilità del testamento:
  • difetto di forma, quando la forma riguarda elementi diversi da quelli per cui è comminata la nullità;
  • difetto di capacità del testatore quando l’incapacità dipenda da minore età, interdizione giudiziale e incapacità naturale;
Ipotesi di annullabilità delle singole disposizioni testamentarie:
  • ricorre in presenza di vizi della volontà, quando cioè le singole disposizioni sono effetto di errore, violenza o dolo;

L’azione di annullamento deve essere intrapresa da chi vi abbia interesse nel termine di prescrizione di 5 anni, dal giorno in cui e stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie ovvero dal giorno in cui si e avuta la notizia della violenza, del dolo o dell’errore.

Può, poi, accadere che il testamento sia corretto sia dal punto di vista formale che sostanziale, ma che non rispetti le “quote di riserva” stabilite per legge, spettanti agli eredi legittimari (coniuge, figli e ascendenti) che possono esperire l’azione di riduzione per tutelare i loro diritto alla quota di legittima 

L’azione di riduzione è quell’azione concessa ai legittimari o loro eredi o aventi causa, diretta a reintegrare le quote ad essi spettanti, che siano state lese da disposizioni testamentarie o donazioni eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre.

Nel nostro sistema giuridico la legge riserva necessariamente a determinati strettissimi congiunti detti “legittimari” o “eredi necessari” una quota dell'asse ereditario, quota dell’asse ereditario, anche contro la volontà espressa dal de cuius con testamento o con donazioni fatte in vita.

Il legittimario che ritiene di aver subito una lesione della propria quota di legittima deve innanzitutto calcolare il valore del patrimonio ereditario (beni lasciati dal defunto al momento della morte, detratte le passività, e aggiunto il valore dei beni donati in vita). Su questo valore si calcola la quota di legittima spettante a ciascun legittimario secondo le percentuali stabilite dalla legge. Se il legittimario ha ricevuto meno di quanto gli spetta per legge, si configura una lesione.

L'azione di riduzione può essere esercitata unicamente dai legittimari lesi o pretermessi (cioè completamente esclusi dal testamento), dai loro eredi o dai loro aventi causa (coloro che hanno acquistato i diritti del legittimario).

Generalmente, per poter esercitare l'azione di riduzione nei confronti di eredi non legittimari o donatari, il legittimario deve aver accettato l'eredità con beneficio di inventario. Questa formalità serve a delimitare la responsabilità dell'erede per i debiti ereditari. Questa condizione non è richiesta se l'azione è diretta contro altri legittimari. Inoltre, il legittimario deve imputare alla propria quota di legittima le donazioni e i legati ricevuti dal defunto, a meno che non ne sia stato espressamente dispensato.

Prescrizione dell'azione di riduzione

L’azione di riduzione è soggetta alla prescrizione ordinaria decennale, decorrente quando, le disposizioni da ridurre sono testamentarie (secondo l’orientamento giurisprudenziale oggi maggioritario) dalla data in cui il chiamato beneficiario della disposizione lesiva abbia accettato l’eredità e, quando le disposizioni da ridurre sono donazioni, dalla data di apertura della successione.

I soggetti legittimati a proporre l’azione di riduzione non possono rinunciare al diritto di proporla, finché colui della cui eredità si tratta è ancora in vita, né con dichiarazione espressa, né prestando il loro assenso alla donazione. Possono solo prestare acquiescenza alla donazione compiuta, quando il donante sia già morto.

Per proporre l’azione di riduzione, è necessario, innanzitutto, esperire il tentativo della mediazione obbligatoria, quale condizione di procedibilità.

Successivamente, in caso di infruttuoso tentativo, il legittimario che ritiene che sia stata lesa la propria quota potrà procedere ad introdurre il giudizio in cui l’attore deve:

. dimostrare la propria qualità di legittimario.

. provare la lesione della propria quota di legittima, ricostruendo il patrimonio ereditario e calcolando la quota spettante

. indicare le disposizioni testamentarie o le donazioni che si assumono lesive.

. chiedere al giudice di dichiarare l'inefficacia (totale o parziale) di tali disposizioni nella misura necessaria a reintegrare la quota di legittima.

Se la domanda di riduzione viene accolta innanzitutto si riducono le disposizioni testamentarie proporzionalmente senza distinguere tra eredi e legatari (a meno che il testatore non abbia indicato un ordine diverso) successivamente, se la riduzione delle disposizioni testamentarie non è sufficiente a reintegrare la legittima, si procede alla riduzione delle donazioni, cominciando dall'ultima fatta in ordine di tempo e risalendo via via alle anteriori

La possibilità di contestare una donazione non è concessa a chiunque, ma è riservata a specifici soggetti individuati dalla legge in base alla ragione dell'impugnazione. In primo luogo, gli eredi legittimari, ovvero il coniuge, i figli e, in loro assenza, gli ascendenti del defunto, possono agire in giudizio qualora la donazione abbia leso la quota di eredità che la legge riserva loro, attraverso la cosiddetta azione di riduzione. In determinate circostanze, anche il donante stesso può avviare un'azione legale, ad esempio qualora la sua volontà al momento della donazione fosse viziata da errore, violenza o dolo, oppure se era incapace di intendere e di volere. Analogamente, il donante può impugnare la donazione in caso di grave ingratitudine del donatario o per la sopravvenienza di figli di cui non aveva conoscenza al momento dell'atto. Anche gli eredi del donante possono esercitare l'azione di revocazione per ingratitudine o sopravvenienza di figli, o far valere vizi del consenso o incapacità che avrebbero potuto essere contestati dal donante stesso. Un'ulteriore categoria di soggetti legittimati sono i creditori del donante, i quali possono agire in revocatoria se la donazione ha pregiudicato le loro ragioni, rendendo il patrimonio del debitore insufficiente a soddisfare i debiti. Infine, in caso di nullità della donazione per un vizio di forma, come la mancanza dell'atto pubblico nei casi previsti, la legge riconosce la legittimazione ad agire a chiunque vi abbia un interesse giuridicamente rilevante.

Impugnazione della donazione

Tra le principali cause di impugnazione troviamo:

  • Incapacità del donante: una donazione può essere impugnata se il donante, al momento della sottoscrizione dell’atto di donazione, era incapace di intendere e di volere.

L'azione si prescrive in 5 anni dal giorno in cui l'atto è stato compiuto se si tratta di incapacità legale (interdizione, inabilitazione). In caso di incapacità naturale (incapacità di intendere e di volere transitoria), il termine è generalmente di 5 anni dal compimento dell'atto.

  • Vizi del consenso: se la donazione è stata ottenuta con dolo, errore o violenza, la donazione è impugnabile. 

L'azione si prescrive in 5 anni dal giorno in cui è stata scoperta la violenza o il dolo, o è cessato lo stato di incapacità, o è stato scoperto l'errore (sia esso di fatto o di diritto, purché risulti dall'atto e sia stato l'unico motivo determinante della donazione).

  • Lesione della quota di legittima: l’ordinamento tutela i legittimari (coniuge, figli e ascendenti) garantendo loro una quota minima di eredità. Se una donazione compromette tale quota, gli eredi legittimari possono impugnare una donazione attraverso un’azione di riduzione per ottenere la reintegrazione della quota lesa.

L’azione di riduzione si prescrive in 10 anni dall’apertura della successione.

Le donazioni effettuate in vita dal defunto si possono ridurre solo se il legittimario escluso o leso non trova di che soddisfare il suo diritto su quanto il de cuius ha lasciato alla sua morte.

Qualora si agisca in riduzione, innanzitutto si riducono le disposizioni testamentarie proporzionalmente (tranne diversa volontà del testatore), successivamente si riducono le donazioni partendo dall’ultima che ha provocato la lesione e via via risalendo a quelle precedenti.

Va, inoltre, ricordato che i soggetti legittimati a proporre l’azione di riduzione non possono rinunciare al diritto di proporla, finché colui della cui eredità si tratta è ancora in vita, né con dichiarazione espressa, né prestando il loro assenso alla donazione. Possono solo prestare acquiescenza alla donazione compiuta, quando il donante sia già morto.

  • Difetto di forma: per essere valida, una donazione deve essere formalizzata con un atto pubblico redatto da un notaio alla presenza di testimoni. Se tale requisito non è rispettato, la donazione è nulla e può essere impugnata.

L'azione di nullità è imprescrittibile, salvo gli effetti dell'usucapione da parte del donatario o di terzi. La donazione di beni che non siano di modico valore deve essere fatta per atto pubblico a pena di nullità.

Revoca della donazione.

La legge prevede che la donazione possa revocarsi in presenza di due gravi motivi:

  • ingratitudine del donatario. Si ha quando il donatario

abbia commesso reati gravi nei confronti del donante o dei suoi congiunti (in particolare, le ipotesi sono: omicidio volontario, tentato omicidio o altro reato cui siano applicabili le norme sull’omicidio; denuncia o testimonianza per reato punibile con l’ergastolo, o reclusione non inferiore a tre anni se la denuncia è risultata calunniosa o la testimonianza è risultata falsa);

   si sia reso colpevole di ingiuria grave verso il donante;

abbia dolosamente arrecato grave pregiudizio al suo patrimonio, o gli abbia rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti a sensi di legge

La domanda di revocazione per ingratitudine può essere proposta dal donante o dai suoi eredi, contro il donatario o i suoi eredi, entro un anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che consente la revocazione. Se il donante si è reso responsabile di omicidio volontario nei confronti del donante o gli ha dolosamente impedito di revocare la donazione, il termine per proporre l’azione è di un anno dal giorno in cui gli eredi hanno avuto notizia della causa di revocazione.

  • sopravvenienza di figli . Le donazioni, fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti (ossia figli dei figli) al tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o l'esistenza di un figlio o discendente del donante. Si può revocare solamente la donazione avvenuta quando il donante non aveva alcun figlio, e non anche quando ne aveva in numero minore.

Possono, inoltre, essere revocate per il riconoscimento di un figlio, salvo che si provi che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell'esistenza del figlio. La revocazione può essere domandata anche se il figlio del donante era già concepito (quindi non ancora nato) al tempo della donazione.

La revoca per sopravvenienza di figli deve essere proposta entro 5 anni dal giorno della nascita dell'ultimo figlio o discendente legittimo, oppure dal giorno in cui il donante ha avuto notizia dell'esistenza di un figlio o discendente legittimo, oppure dal riconoscimento di un figlio naturale (entro due anni dalla donazione, salvo prova che il donante ne era già a conoscenza).

Non possono revocarsi, né per ingratitudine né per sopravvenienza dei figli, le donazioni rimuneratorie e quelle fatte in funzione di un matrimonio.

La donazione può essere contestata attraverso l'azione revocatoria da parte dei creditori del donante, qualora l'atto abbia diminuito il patrimonio del debitore al punto da compromettere la loro possibilità di essere soddisfatti entro 5 anni dalla data della donazione.